“L’ottavario del catechismo”, scritta da Giuseppe Gioachino Belli, grande poeta romano, per il 30 marzo 1835, racconta con il solito guizzo ferocemente beffardo, cosa succedeva negli ultimi otto giorni di quaresima.
In parecchie chiese si usava fare la predica per spiegare il catechismo, ma, da allora fino all’avemaria si chiudevano, con sua somma tristezza, le osterie, i caffè e gli altri locali (“sti giorni è un giudìo chi ha sete”). Così il popolino di Belli protestava nel finale del suo sonetto:
Serrato indove se beve e se magna/ pe’ rabbia d’ozzio se va in chiesa; e Cristo/sempre quarche filetto lo guadagna.