L’autunno del 1867 fu uno dei più caldi che Roma avesse mai vissuto, nella storia del Risorgimento. In quegli anni era tornata a Roma da Venezia, dove era stata costretta a rifugiarsi per motivi politici, una giovane donna, una patriota Giuditta Tavani, insieme al marito, Francesco Arquati. La coppia, che aveva un bambino, era in attesa del secondo, e aveva trovato alloggio presso il lanificio dell’amico Giulio Aiani, in via della Lungaretta, luogo di raccolta di un gruppo di popolani che avevano scelto di lottare per la libertà. Il 22 ottobre del 1867 erano tutti riuniti per discutere il programma d’azione per l’ennesimo attentato contro le forze papaline.
All’improvviso, un drappello di Zuavi puntò direttamente verso casa Aiani, a seguito di qualche soffiata. Si dette l’allarme ai rivoltosi. I gendarmi circondarono l’edificio. Si sparò dalle finestre e dai tetti. Giuditta aveva raggiunto il marito sul tetto e gli dava manforte passandogli la carica delle armi. Ma tutto fu inutile e l’essersi arresi non salvò la pelle di quei poveretti.
Giuditta fu uccisa ed ebbe il ventre squarciato. Al cadavere dell’eroica popolana furono rubati l’orologio e la “broche”. Giuditta fu eletta simbolo del coraggio delle popolane romane. A lei è intitolata una piazza di Trastevere.