Per quanto brutta, mascolina e prepotente, Cristina di Svezia fu per Roma una specie di regalo in quella seconda metà del Seicento: ebbe la capacità di valorizzare e aggregare intorno a sé i fermenti culturali più produttivi della città eterna.
Trasgressiva ed insolente, giocò il ruolo di regina, pur senza trono, fino in fondo, barattando il titolo regale per una religione, quando abbandonò il rigoroso luteranesimo e si convertì al cristianesimo abdicando in favore del cugino. Si guadagnò, così, l’invito a Roma da papa Alessandro VII. Protesse, amò e odiò al tempo stesso uomini e donne, ma soprattutto amò ogni forma d’ingegno umano, dalla scienza all’arte del teatro.
Con l’istituzione dell’Accademia Reale indicò la strada a quei letterati che s’incontravano nel suo palazzo, i quali dopo la sua morte avvertirono l’esigenza di perpetuarne l’opera, fondando l’Accademia dell’Arcadia, che restò in vita fino al 1925.