La basilica di Santa Prassede è un luogo di culto cattolico del centro di Roma, situato nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore, nel rione Monti. L’entrata principale, di rado utilizzata, è in via San Martino ai Monti, mentre l’entrata abituale, ma secondaria, si trova sul lato destro dell’edificio, che dà su via di Santa Prassede.
La chiesa ha origini molto antiche. Attorno alla basilica di Santa Maria Maggiore sorsero molte chiese, tra cui, come attesta una lapide del 491, un titulus Praxedis. Questo fa riferimento alle vicende della famiglia del senatore Pudente (I secolo d.C.), che la tradizione enuclea tra le prime persone convertite a Roma dall’apostolo Paolo; con Pudente si convertirono al cristianesimo anche le figlie Pudenziana e Prassede.
Pudente possedeva una villa i cui resti sono nove metri sotto l’attuale basilica, nella quale nascondeva i cristiani perseguitati, secondo alcune fonti anche l’apostolo Pietro. Quando Pudente subì il martirio, Prassede e Pudenziana, con il consenso del Papa Pio I fecero costruire nel 142/145 c.a un battistero per battezzare i nuovi cristiani. Anche Prassede e Pudenziana subirono il martirio durante le persecuzioni di Antonino Pio.
Alla morte di Pudenziana, Prassede utilizzò il patrimonio della sua famiglia per costruire una chiesa “sub titulo Praxedis”. Nascose molti cristiani perseguitati, quando questi, furono scoperti e martirizzati, raccolse i corpi per seppellirli nel cimitero di Priscilla sulla Via Salaria, dove anche lei trovò sepoltura insieme alla sorella e al padre. Si racconta che Prassede, raccoglieva con una spugna il sangue dei martiri per versarlo in un pozzo.
Il Liber pontificalis ci informa che papa Adriano I verso l’anno 780 rinnovò completamente ciò che restava del titulus Praxedis. La chiesa attuale invece si deve al rifacimento operato da papa Pasquale I nell’817, che costruì un nuovo edificio sacro al posto del precedente, ormai fatiscente. La nuova chiesa era destinata ad accogliere le ossa dei martiri sepolti nel cimitero di Priscilla. Fin dal IX secolo la chiesa era inserita nel tessuto edilizio a tal punto che la facciata non era visibile dalla strada, come lo è tuttora.
A metà del XII secolo la chiesa fu affidata ai canonici regolari di Santa Maria del Reno di Bologna, i quali però gestirono molto male l’intero complesso, così che papa Celestino III, alla fine del secolo, si vide costretto a togliere loro la chiesa, ed il suo successore, papa Innocenzo III, ad assegnarla, nel 1198, ai monaci di Vallombrosa, che ancora oggi la possiedono. Nella prima metà del XIII secolo, le strutture della navata centrale furono rafforzate con l’inserimento di tre grandi archi e sei grossi pilastri. In questo stesso periodo fu aggiunto il campanile, inserito però occupando parte del transetto di sinistra. Probabilmente a causa della sopravvenuta mancanza di simmetria del transetto, alla fine del secolo fu inserita nel transetto opposto, la cappella che oggi si chiama del Crocifisso.
Altri interventi, interni alla chiesa, si operarono nei secoli successivi, commissionati dai vari cardinali titolari della basilica. In particolare si ricordano gli interventi dei cardinali Antonio Pallavicini Gentili, che rifece la zona del presbiterio; Carlo Borromeo, che rifece la scalinata d’accesso, il portale centrale e la sacrestia, mise la copertura a volta nelle navate laterali, aprì le otto grandi finestre della navata centrale (erano 24 ai tempi di Pasquale I); Alessandro de’ Medici commissionò la decorazione di tutta la navata centrale; infine il cardinale Lodovico Pico della Mirandola, nella prima metà del XVIII secolo, su indicazione del sinodo romano del 1725, fece cercare le reliquie antiche, e questo occasionò un nuovo intervento nella zona presbiteriale ed il rifacimento della cripta.
Infine nel corso dei secoli XIX e XX diversi interventi mirarono al recupero delle strutture medievali attraverso la distruzione delle aggiunte successive: così nel 1918 fu rifatto il pavimento in stile cosmatesco, e nel 1937 venne tolto l’intonaco della facciata per ripristinare l’antica struttura.
Il titolo cardinalizio di Santa Prassede fu eretto da papa Evaristo intorno al 112.