La basilica di Santa Cecilia è un luogo di culto cattolico situato nel rione Trastevere, fuori dal centro storico di Roma, situata in Piazza di Santa Cecilia, 22. Ha la dignità di basilica minore.
La leggenda vuole che la chiesa sorga sulla casa familiare di Cecilia, « […] vergine illustre, nata da nobile stirpe romana», che subì il supplizio verso il 220.
La Legenda Aurea narra che papa Urbano I, che aveva convertito il marito di lei, Valeriano, ed era stato testimone del martirio, « […] seppellì il corpo di Cecilia tra quelli dei vescovi e consacrò la sua casa trasformandola in una chiesa, così come gli aveva chiesto».
Il Titulus Caeciliae è in effetti attestato già dal V secolo. All’inizio del IX secolo papa Pasquale I, grande recuperatore di reliquie ed edificatore di chiese (Santa Maria in Domnica, Santa Prassede), ebbe in sogno la visione di Cecilia che gli rivelava la propria sepoltura; fece quindi erigere la chiesa in forma basilicale sul luogo della precedente e vi traslò il corpo.
Durante i lavori di ristrutturazione effettuati nel 1599 dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati, (nipote di papa Gregorio XIV, e il cui monumento funebre è quello che si vede nel portico, a destra) fu aperto il sepolcro di marmo e nella ulteriore cassa di cipresso che esso racchiudeva si ritrovò il corpo quasi integro della santa, vestito di bianco e con il segno delle ferite sul collo. L’evento fu considerato miracoloso tanto che anche papa Clemente VIII andò a constatarlo. Si commissionò allo scultore Stefano Maderno la riproduzione della figura così com’era stata ritrovata. L’eccezionale opera in marmo pario, attualmente esposta sotto l’altare maggiore, testimonia nei secoli l’evento.
La struttura originaria era classicamente basilicale: navata centrale sostenuta da dodici colonne collegate da archi a tutto sesto, soffitto a capriate, abside semicircolare con il catino decorato in mosaico (la decorazione originaria era però più ampia, coprendo anche i lati), piccola cripta sotterranea in corrispondenza dell’altare maggiore e senza dislivello con la navata.
L’edificio fu abbellito e crebbe nei secoli successivi; accanto sorse successivamente un monastero, anch’esso dedicato a santa Cecilia e a sant’Agata. Papa Pasquale II fece costruire nel XII secolo il campanile (oggi leggermente pendente) e il portico, e nella seconda metà del XIII Pietro Cavallini vi affrescò il Giudizio universale, mentre Arnolfo di Cambio eresse il ciborio nel 1293.
A partire dal XVII secolo, e molto di più nel XVIII, le linee della basilica antica vennero fortemente modificate; pur lasciando inalterata l’abside, il presbiterio venne rialzato, il pavimento cosmatesco sostituito, le capriate del soffitto sostituite da un controsoffitto in legno (molti stucchi, dipinto centrale di Sebastiano Conca del 1725), le finestre furono ridotte e nuovi coretti vennero creati sopra le arcate tra le colonne (sorta di tardivo matroneo) riservato alle monache.
All’inizio del Settecento il cardinale Francesco Acquaviva d’Aragona affidò a Ferdinando Fuga un intervento di sistemazione esterno assai scenografico, il cui risultato fu l’attuale prospetto monumentale dell’entrata, con il nome del cardinale stesso ben in vista; nuovi ambienti destinati a sacerdoti e personale e la creazione dell’ampio cortile, con a destra il convento delle suore francescane e a sinistra il monastero delle benedettine. Nella basilica furono poi sepolti sia il cardinale che altri esponenti della sua famiglia.
Nel 1830, per ragioni di consolidamento, le colonne vennero chiuse dentro gli attuali pilastri di mattoni, e gli archi abbassati.
All’interno della chiesa si trova un organo a trasmissione pneumatica di Vegezzi Bossi di modeste dimensioni, costruito nel 1903.